INFORMATIVA L. 104

Riteniamo utile inviare questo approfondimento ai colleghi  che possono usufruire dei benefici di cui alla Legge 104/92:

 

“Preliminarmente, in ordine alla richiesta di presentazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorio  si precisa che si  potrà provvedere anche  mezzo di autocertificazione (art. 47 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445 e s.m.i.) appare opportuno rilevare quanto segue:

L’art. 33 della L. n. 104, al comma 7, integrato dall’art. 24, L. 04/11/2010, n. 183, afferma che, “Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accerta­mento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” Quindi, a fronte dello specifico diritto, in capo al lavoratore di beneficiare di permessi retribuiti, per sé qualora sia disabile, oppure per un familiare disabile, l’ordinamento ha posto il correlativo potere di controllo in capo all’ente erogatore e, addirittura, al datore di lavoro, che subisce l’assen­za del prestatore.

Pertanto, qualora la condotta del prestatore non si allinei con le finalità proprie del permesso disciplinato all’art. 33 della L. n. 104, la giurisprudenza ha configurato gli estremi della figura giuridica dell’“abuso del diritto”, con conseguente legittimità del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.

Tuttavia i giudici della Consulta con sent. n. 213/2016, ha statuito che i permessi lavorativi di cui alla legge n. 104/1992, siano soggetti ad una duplice lettura: “a) vengono concessi per consentire al lavoratore di prestare la propria assistenza con ancora maggiore continuità; b) vengono concessi per consentire al lavoratore, che con abnegazione dedica tutto il suo tempo al familiare handicappato, di ritagliarsi un breve spazio di tempo per provvedere ai propri bisogni ed esigenze personali.”  E dicono ancora i giudici: “L’agevolazione consiste nel fatto che il beneficiario del permesso ha a disposizione l’intera giornata per programmare al meglio l’assistenza in modo tale da potersi ritagliare uno spazio per compiere quelle attività che non sono possibili (o comunque difficili) quando l’assistenza è limitata in ore prestabilite e cioè dopo l’orario di lavoro”. Detto ciò è ovvio che l’assistenza deve comunque esserci e pertanto la Corte detta questo principio di diritto: “Colui che usufruisce dei permessi retribuiti ex art. 33 L 104/1992, pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona handicappata nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può, tuttavia, utilizzare quei giorni come se fossero giorni feriali senza prestare alcuna assistenza alla persona handicappata.

Appare quindi sancito un principio innovativo ed equilibrato dell’art. 33  legge 104/1992  sui permessi retribuiti, discostandosi nettamente dall’orientamento restrittivo ad oggi prevalente. Secondo la Suprema Corte, se è chiaro che il lavoratore non può utilizzare i permessi retribuiti della legge 104/1992 come se fossero dei giorni di ferie, deve esserlo anche il suo diritto “di ritagliarsi un breve spazio di tempo per provvedere ai propri bisogni ed esigenze personali”. Ed invero, i permessi retribuiti rispondono ad una duplice finalità. La prima è quella di garantire maggiore continuità e qualità all’attività di assistenza, la seconda di consentire al lavoratore che la presta di conciliarla più facilmente con l’attività lavorativa e, non da ultimo, con le proprie esigenze di vita.

Orbene, per quanto riguarda la legittimità della fruizione dei permessi in argomento, si rammenta che essa  è estesa  ai parenti e agli affini entro il terzo grado e che nell’art. 24 della legge 183/2010 non è menzionato il requisito della convivenza. 

L’unico limite in tal senso è quando il dipendente lavoratore che usufruisce dei permessi per assistere persona in situazione di handicap grave è residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore.

(Peraltro, non è menzionato altresì l’onere in capo al dipendente di dover dimostrare che altri familiari non possano prestare assistenza al disabile.)

È bene ricordare che ai fini della fruizione dei 3 gg. mensili tali documentazioni o autodichiarazioni non sono assolutamente previste dalla legge, ma che peraltro si deve seguire esclusivamente l’obbligo di accertamento dello stato di gravità della malattia  riconosciuta dalla ASL ed assistita dall’INPS .

In considerazione dei recenti orientamenti della S.C. di Cassazione , oltre che dei giudici di merito, è d’altronde opportuno, per quanto concerne la fruizione dei diritti, da parte dei familiari far pervenire all’Ufficio di appartenenza la seguente documentazione:

  • certificazione ASL dalla quale risulti che il familiare assistito si trovi in situazione di handicap grave ai sensi dell’art. 3, 3° comma, della L. 104/92;
  • dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà( autocertificazione) dalla quale risulti che il familiare disabile non è ricoverato a tempo pieno;
  • dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà( autocertificazione) dalla quale risulti che il lavoratore sia l’unico componente della famiglia che assiste il familiare disabile;
  • dichiarazione che sostituisce la certificazione (autocertificazione), da rinnovare annualmente, circa l’esistenza in vita del familiare disabile per l’assistenza del quale sono stati concessi i previsti benefici;

dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (Autocertificazione), da rinnovare annualmente, che da parte della A.S.L. non si è proceduto a rettifica o non è stato modificato il giudizio sulla gravità dell’handicap. “

Cordiali Saluti a Tutti

Il Coordinatore Nazionale MIBACT
Sandro Porzia

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